lunedì 21 gennaio 2008

Piera Mattei LETTERA APERTA A CLAUDIO MAGRIS

In ogni testo è possibile leggere il tessuto argomentativo, che nella migliore delle ipotesi è evidente, e il contesto emotivo che invece violentemente balza agli occhi, (e vuole balzare agli occhi) magari in palese contraddizione con quanto argomentato.

E' quanto ho pensato leggendo il lungo articolo di Magris sul Corriere della sera del 20 gennaio 2008: Chi è laico chi è clericale.
Vediamo quindi il tessuto razionale, la definizione di laico e i fatti quali vengono riportati, per passare poi al contesto emotivo.
Condivido pienamente la definizione di laico e mi scuso per non avere tanto spazio da riportarla per intero:
"laicità è una forma mentis... distingue le sfere e gli ambiti delle diverse competenze, in primo luogo quelle della Chiesa e quelle dello Stato". Appunto, sono pienamente d'accordo.
Più avanti riporta la bellissima definizione di Bobbio (in cui mi riconosco e a cui m'ispiro) che laico è "chi si appassiona ai propri "valori caldi" (amore, amicizia, poesia, fede generoso progetto politico) ma difende i valori freddi (la legge, la democrazia, le regole del gioco politico) che soli permettono a tutti di coltivare i propri valori caldi."
Il punto su cui discordo è in quale modo e con quali conclusioni questi concetti vengono applicati agli avvenimenti di questi giorni. In particolare non capisco perché i professori della Sapienza che firmano una lettera al rettore in cui affermavano di ritenere inopportuno un intervento del Papa in apertura dell'anno accademico, non possano essere visti come difensori dei loro valori caldi, che in nessun modo ledono i valori freddi.
Difatti, a quanto risulta, non il Senato accademico ha invitato il Papa, ma il Rettore, di sua iniziativa, informando poi l'organo collegiale. Di qui, la necessaria polemica con lui, non con il Papa o con gli organi di stampa, che sono i responsabili di aver dato all'episodio una visibilità non richiesta. Cadrebbe così uno dei fatti che Magris dà per scontato: "deciso, egli scrive, da chi aveva legittimamente la facoltà d'invitarlo". Poniamo che il Rettore possa decidere di invitare per l'apertura dell'anno accademico chi vuole, non si può far finta in tempi d'imperante politica dell'immagine che un papa corrisponda alla definizione "chi vuole". E' vero che molte persone di cultura cercano la luce dei riflettori, ma altri (forse una maggioranza) ne sono disturbati.

Scrive ancora Magris: "all'università si studiano fisica, letteratura, storia e così via. Anche alcuni grandi filosofi hanno insegnato all'università, proponendo la loro concezione filosofica pure a studenti di altre convinzioni; non per questo è stata loro tolta la parola". Ora mi chiedo: stiamo parlando di pluralità di concezioni tra professori universitari, o tra loro e un Papa, depositario di dogmi e precetti della Chiesa cattolica? I fisici firmatari della lettera non hanno con quella tappato la bocca a nessuno (non ai giovani di Comunione e Liberazione), tanto meno ai professori di altre facoltà. Né mi risulta che la scienza si sia mai detta depositaria di verità, quanto solo impegnata nella ricerca (vedi anche la citazione in questa rivista del grande genetista Luca Cavalli Sforza).

Dove non riesco più a seguire il filo logico del discorso è lì dove si lancia in ipotesi. Non si parla di quanto è accaduto, ma di quanto forse poteva accadere, e lui lo sa? se si fosse concretizzato un invito al Dalai Lama. Io non mi azzardo su ipotesi del genere e tuttavia l'impatto della presenza del Dalai Lama, all'inaugurazione dell'anno accademico nella università più popolosa del bacino mediterraneo, sarebbe, fuori di ogni proporzione, inferiore a quella del Vescovo di Roma, e di questo vescovo di Roma. Perché mai, anziché sui fatti, Magris argomenta con dei "se"? Lui è troppo intelligente per non sapere che, dopo tutto, molto spesso le reazioni umane e collettive sono imprevedibili.
Infine dalla penna di un intellettuale mi hanno colpito espressioni violente, non da letterato, che ha sparso nelle sue "laiche"e "tolleranti" argomentazioni. E qui le trascrivo: "autogol (siamo in un gioco del pallone e chi fa autogol è la squadra avversaria o tra esponenti, come "anche" è il suo caso, Magris, autorevoli della cultura?) gazzarra; elemento pacchiano; uso scorretto; distorto; pasticcio oscurantista; cagnara; scemenza; febbre autodistruttiva; allegra irresponsabilità, spensierata vocazione a una disastrosa sconfitta..." E mi scuso se l'elenco è incompleto.
Qui ci chiediamo, cos'è che turba così il discorso razionale, che si perde nelle deduzioni e fa invece ampio ricorso al linguaggio ascientifico del discredito, al gioco masmediatico dell'insulto, quando di ben altri mezzi potrebbe disporre?
Professor Magris, non un discorso laico leggo qui, ma, dolorosamente, astio verso la comunità scientifica (che, certo, si figuri se non comprende anche gli umanisti, qui le scriviamo appunto da una rivista che si chiama Lucreziana). La comunità scientifica in nessun modo ce l'ha con lei, né con i cattolici, ma difende i suoi valori caldi, vorrebbe avere la possibilità di lavorare tranquilla da interferenze, come avviene (ma non vogliamo essere costretti a emigrare!) in altri paesi del mondo.

Piera Mattei

N.B.
l'articolo di Magris "Chi è laico chi è clericale" si può leggere nel sito web:
http://www.corriere.it/editoriali/08_gennaio_20/magris_d0329b1e-c72f-11dc-8899-0003ba99c667.shtml

1 commento:

Pietro Melis ha detto...

In un articolo del 13 settembre sul Corriere della seraClaudio Magris ha fatto il panegirico di Norberto Bobbio. Tra tante altre cose gli ha attribuito il merito di avere distinto tra morale e diritto. Ma scherziamo? Ha mai letto Magris Giusnaturalismo e giuspostivismo (1965), dove Bobbio si scaglia, da giuspositivista contro il diritto naturale? In esso Bobbio ha scritto di “matrici culturali di ogni ordinamento giuridico”, di “diritti umani quali pii desideri prima che vengano riconosciuti in un ordinamento giuridico”, mentre il liberalismo veniva considerato un'ideologia. Insomma: una totale commistione di positivismo giuridico (alla Hans Kelsen) e di storicismo dei valori morali, da cui può conseguire solo il relativismo dei valori morali. Pertanto non si capisce su che cosa Bobbio abbia potuto fondare la sua scelta nel passaggio dal suo giovanile fascismo al suo antifascismo dell'ultima ora. Chi vuole essere maestro di vita e di pensiero deve rispettare la norma della coerenza. In base al positivismo giuridico e allo storicismo di Bobbio si può giustificare tutto e il contrario di tutto. Quale diritto Bobbio ha distinto dalla morale? Quello positivo fondato sulla volontà dello Stato, come anche il contraddicentesi Benedetto Croce? Bobbio non ha mai capito che lo storicismo dei valori morali si accorda pienamente con il positivismo giuridico, per cui anche la libertà, invece di essere un diritto naturale, diventa, come egli la concepisce, “un pio desiderio”, che si può realizzare nel diritto. Altro che dire che Bobbio distinse tra morale e diritto. Ha detto il contrario. Egli ebbe sempre una grossa confusione in testa. In un mio libro ho scritto che Bobbio “rimane come emblema negativo di tutti i giuristi incapaci di rendersi conto della miseria della loro concezione morale del diritto, muto, cieco e sordo, e dunque inservibile, di fronte ai problemi più inquietanti del nostro tempo”. Filosofia del diritto da museo antropologico è quella di Bobbio. Dal relativismo “della lotta mortale tra valori morali”(Max Weber, la cui lezione Bobbio non ha mai imparato) si può uscire solo con il diritto naturale, che non è culturale ma metaculturale, in quanto esprime la legge naturale che dice che ogni organismo tende alla sua auto-conservazione. Da questa legge discende il diritto naturale (che io preferisco chiamare “principio naturale”, per evitare la connotazione antropomorfica del termine “diritto”), e dal diritto naturale discende il diritto (il principio della) alla vita e alla (della) libertà, che non è dunque un valore morale (soggetto al relativismo culturale), ma molto di più: è un principio naturale che deve sovrastare la volontà del legislatore. Ma questo Bobbio non l'ha mai capito scrivendo, contraddicendosi nella sua scelta di vita, contro il diritto naturale. Magris si riconosce solo il diritto di pontificare e non il dovere di rispondere. Non è rintracciabile nemmeno per gli studenti nel suo sito presso la Facoltà di Lettere di Trieste.
E vuole sempre dare lezioni agli altri. Riuscite a scovare una sua email per me?