martedì 17 settembre 2013

Educazione ed etica scientifica in Cina di Claudio Marcelli



Il 2013 è stato sicuramente l’anno più difficile per i laureati cinesi. A maggio il ministero dell’Educazione Cinese ha dichiarato che solo il 30% dei laureati nelle maggiori città cinesi, Pechino, Shanghai e Guangzhou, avevano trovato un lavoro. Questa crescente difficoltà nel mondo del lavoro cinese ha provocato un’importante riduzione dei salari d’ingresso da ~900 $ a ~600 $. L’incremento della popolazione dei laureati che quest’anno ha raggiunto in Cina il ragguardevole numero di quasi sette milioni ha sicuramente contribuito a determinare questo andamento. Tuttavia la percentuale dei laureati rispetto alla popolazione totale Cinese rappresenta meno del 9% (censimento dell’Aprile 2011) e sicuramente la ragione principale di questa difficoltà è legata alla struttura industriale del paese che è fortemente squilibrata.
La ricchezza e l’enorme crescita di questo paese ha infatti origine in una straordinaria produzione industriale,  comunque non ancora sufficientemente bilanciata da offrire opportunità al crescente numero di laureati che escono ogni anno dalle università cinesi. 

Il boom economico cinese ha intensificato gli investimenti nella ricerca e il numero di citazioni delle pubblicazioni delle università cinesi è aumentato più di dieci volte nell’ultimo decennio, tuttavia restando ancora molto basso rispetto ai numeri tipici del sistema occidentale. La Tsinghua o la Peking University, istituzioni pubbliche con almeno 100 anni di storia, raggiungono valori inferiori a dieci citazioni per pubblicazione contro le 15-30 delle migliori università occidentali quali Harward, Princeton, Stanford, Oxford o Cambridge che continuano a rappresentare l’élite nel mondo universitario.

Molte università asiatiche stanno crescendo nelle classifiche mondiali, non ultime le cinesi. Queste classifiche tengono conto di parametri universalmente accettati nell’ambito scientifico, ma l’inclusione di altri parametri tipicamente cinesi come la reputazione, non sempre consente di valutare oggettivamente queste nuove realtà. 

Un altro aspetto fondamentale da considerare è che queste università emergenti non sono in grado di competere con i finanziamenti garantiti alle maggiori università occidentali.
La Cina con le sue 2700 scuole e più di 31 milioni di studenti investe circa il 3.69 % del suo GDP nell’educazione, rappresentando oggi il maggiore sistema di educazione del mondo e anche quello che cresce più rapidamente. È ancora inferiore e strutturalmente debole rispetto al sistema occidentale, ma sicuramente sulla strada giusta. Nell’ultimo decennio almeno venti università cinesi sono entrate nella lista delle 500 maggiori istituzioni del mondo scavalcando alcune università americane. Ma mentre queste ultime spesso possono contare su consistenti finanziamenti privati, tutte le università cinesi sono pubbliche e negli ultimi anni solo un' università privata, l’University of Science and Technology of South, è stata riconosciuta dal sistema educativo cinese. l costi annuali di gestione di un’università cinese corrispondono in termini monetari a  12-13 milioni di euro, che normalizzati al costo  della vita salgono a 40-60 milioni. Importanti investimenti statali sono iniziati già a partire dagli anni ‘90 con incrementi annuali del 20% (fonte Royal Society of London) proprio per costruire un sistema educativo competitivo.

Oggi che la Cina è il secondo paese per numero di pubblicazioni scientifiche è facile riconoscere l’importanza di questo paese nel mondo della ricerca scientifica. Già nel 2001, durante la mia prima visita in Cina per una summer school a Pechino dedicata alle applicazioni con luce di sincrotrone, ebbi chiaramente l’impressione di quanto fosse importante in questo paese il sistema dell’istruzione e della ricerca. Importanti investimenti nelle infrastrutture in importanti settori interdisciplinari e strategici erano già in essere. L’attenzione era già allora rivolta a un’apertura internazionale per attrarre talenti stranieri e mantenere nel paese i migliori studenti e ricercatori, sviluppando una politica etica e stimolando le pubblicazioni su riviste internazionali di alto impatto.

Questi investimenti stanno producendo i primi importanti frutti e quello che oggi osserviamo in Cina è esattamente l’opposto di quanto avviene nei maggiori paesi occidentali dove le difficoltà economiche portano a una continua riduzione dei budget delle università e in generale di tutto il sistema educativo. 


Per maggiori approfondimenti sul tema vedi A. Marcelli, La Cina e le infrastrutture di ricerca: investimenti per la scienza e la società, Mondo Cinese 154, 12-37, 2013

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