venerdì 5 giugno 2015

JAVIER VICEDO ALÓS “ Finestre su nessuna parte” Gattomerlino edizioni 2015 – traduzione e cura Antonio Bux



 NOTA CRITICA di PIERA MATTEI

Tra le varie proposte che mi giungevano da Antonio Bux, che alcuni di voi conosceranno come un apostolo, un volontario della poesia sul Web, ho scelto il libro di Javier Vicedo Alos che Antonio mi disse di aver già tradotto un paio di anni prima. L’ho scelto perché mi è sembrato che fosse un libro bello, completo, un libro della mente e della sensibilità, così come li amo. Pertanto ci mettemmo a lavorare a questo progetto.

D’altra parte, non nego, che in questo modo mi pareva di riuscire a rendere omaggio anche alla dedizione alla poesia e alla lingua spagnola che Antonio Bux ha dimostrato negli anni di considerare come suo obiettivo culturale e umano.

Ma torniamo all’intelligenza vibrante, sensibile, che è la caratteristica di questo libro. L’autore aveva poco più di venti anni, se non sbaglio, quando ha scritto le poesie che lo compongono e uno stile già completo, maturo. Uno stile che in sé è già un’assunzione di responsabilità.

Tema questo della responsabilità implicito al libro. Responsabilità a non giocare con le parole, con la poesia, responsabilità a comprendere quale è la posizione, la condizione delle parole direttamente nell’esistenza di un uomo. Assunzione di responsabilità come uomo, dunque non nel senso di una virilità raggiunta, ma come corrispondenza all’essenza stessa di uomo. L’uomo a differenza degli altri animali, è un animale che comunica con le parole. Questa è la sua irrinunciabile identità, anche  se parlare, usare la parola non cambia nulla circa il destino dell’individuo e della specie.
Dirà nella poesia In deseando mundo (pag 44) “Pero ahí es el hombre: en ese riesgo a serlo”.

Questa poesia è musica –molteplici i riferimenti alla musica, una dedica al musicista José Pablo Polo– ma è anche riflessione e costruzione. Vedremo che il libro presenta, nella forma, una circolarità aperta, come del resto anche nel pensiero che sottintende, per cui ogni silenzio si fa parola e le parole, circolarmente, cadono nel silenzio.

Quindi, se ammutolirsi sarebbe la soluzione più giusta, questa soluzione è, allo stesso tempo, impossibile. Javier Vicedo Alííós usa nei suoi versi più volte il verbo callarse, zittirsi, ma si spinge fino a usare ammutolirsi enmudecer. Questa dialettica, questo dibattersi tra parola e silenzio è vivissima nella prima sezione del libro.
È espressa chiaramente nella poesia d’inizio che apre sulla fame di parole e termina col silenzio, anzi appunto con lo zittirsi:
“Que me calle la misma verdad que persigo”. 
Homenaje vertical, poesia bellissima, è tutta su questa tematica:
 “Se aprende a callar con los años[...] Se nace sin palabras/ Y con todas las palabras rotas nos vamos[...] aunque vivir sea enmudecer”.
Ancora in Sinceramiento:
 “Y callarse sería lo más sabio. / Aunque parecería poco humano/–porque hay que parecer humano”. Silenzio, nell’intera sfera terrestre in Gramatica:
”Y si la tierra fuera/ toda ella una copa de silencio”.



Abbiamo detto della sorpresa di fronte a uno stile completo, senza enfasi, esagerazioni o cadute in un autore così giovane. Una disperazione composta, uno stile pacato, vigile. Qui, in questo libro, senza che vi sia alcun riferimento preciso, si respira un’aria classica –sto parlando sempre della prima sezione– che mi ha rimandato addirittura a una concezione di natura presocratica, ai quattro presocratici elementi.  La terra come elemento è certamente implicita, ma più volte è presente il fuoco, in dialettica con l’acqua e l’aria. 
Javier tra parole e silenzio è senz’altro dalla parte del silenzio e questo suono del silenzio lo si ascolta nelle sue poesie. I suoi versi sono tutti circondati di silenzio e nel silenzio salgono e scendono le parole. Questo salire e scendere è talvolta rappresentato da una scala, ma più spesso –secondo l’equazione a cui prima facevamo riferimento, cioè uomo uguale a essere dotato di parole– parole e corpi levitano nell’aria e ignorano le scale. Non sempre tuttavia la sfida alle leggi di gravità ha buon esito, se la mano del poeta può scrivere il Tríptico de la caída, scrivere della sua “soledad de hombre”.
Sonido– ruido–musica: dove il suono è la qualità neutra, intermedia che può farsi rumore o musica. La poesia come la musica ha una parentela più stretta con il silenzio che con il rumore
 “La música es un golpe de silencio”;
“Vibra alegre la cuerda del silencio”
Se una corda trema produce suono, ma se questa corda che trema è la corda del silenzio, quale musica di silenzio produrrà? Tuttavia anche emergere tramite la parola, lo stesso farsi poeta, comporta dei rischi, è in sé  ruidoso “Qué ruidoso ser uno”

Nella seconda parte torna come protagonista la finestra, che era già nel titolo e nel doppio esergo. Gli esergo in questo libro sono scelti con grandissima cura, anzi la poesia che dà il nome alla raccolta è in parte riflessione e rifacimento della frase, posta in esergo, di Pessoa. C’è solo un altro esergo all’interno del libro, quel classico “April is the cruellest month” di Eliot, mentre numerosissime, a indicare anche conoscenze e letture vaste, le dediche di singole poesie, a poeti argentini come Jelman e Juarroz, –quest’ultimo ispira un Homenaje vertical e forse anche la numerazione ordinale che compare in tutto il libro. Tomas Segovia, altro autore dedicatario, può essere considerato spagnolo o messicano ma, come altri autori qui citati, ha radici che affondano nella cultura europea, soprattutto francese. Poi poeti e critici spagnoli, un pittore e un musicista, già citato.

Tornando al tema della finestra, il primo esergo da José Angel Valente si riferisce a ciò che si vede da una finestra aperta, a una memoria pertanto precisa e limitata, allo sguardo che a partire da un certo punto di vista, si spinge fuori.

Il secondo esergo è da Pessoa e parte da un’affermazione assoluta, di metafisico pessimismo: c’è solo una finestra chiusa e tutto il mondo fuori. Poi con un movimento contraddittorio che a Pessoa è naturale, passa a giocare con le ipotesi, con i modi verbali della possibilità, e con quelli della realtà: quello che potresti vedere quando la finestra è chiusa non è quanto vedi quando la finestra si apre.
Ventana è posta in relazione a cuerpo le due parole tornano correlate a inizio di poesia e poi  a metà della medesima 
“un cuerpo queda quieto, o retrocede,/ y la ventana está ya más cerca”.
La finestra non è lì perchè si possa guardare al di là, la finestra è una porta nell’aria, ed è lì a proporti di oltrepassarla.  Ma le finestre sono anche altro, sono i possibili varchi per trapassare da una parte all’altra i corpi come dirà, più oltre, in Escaleras arriba:
“Quien dijo que fuera possible [...] saltar por las  ventanas de un cuerpo / sin saber que caeremos un día / a la tierra, lejos de todos los cuerpos?”
In questa seconda sezione appare anche frequente il concetto di deseo  e la sua funzione di creatore di realtà, anche di realtà fittizie:
“Solo el deso da nombre a las cosas”.
Ancora al centro della scena la finestra in Recomienzo, una poesia ispirata al primo freddo d’autunno, alla volontà, forse anche metaforica, di accettare infine quel freddo, quel cambiamento di stagione.

Nella terza  e nella quarta sezione  lo sguardo si apre sul fuori, sulla strada, agli amici, l’amicizia come illusione come in Amistad a lo largo dove per due volte si ripete
“Nunca estuvimos solos” per completare la terza volta “Nunca estuvimos solos come ahora”.
Ritorna qui l’impegno a essere uomo, difficilissimo compito se ti riconosci come in Kind of Grey
“un hombre oscuro que busca quebrar/ la presencia estancada de la tarde, / y que cansado de ser hombre no sabe cómo”.
Il concetto di essere uomo torna ancora in A pesar de todo: “no soy temor ni vacío [... ]  acaso hombre, y hombre sólo y siempre”.
E ancora, nella poesia che dà il nome al libro: “Mirando nadas se costruye un hombre”.


Il libro termina con una quinta sezione che comprende una sola poesia, dove si chiude il cerchio. Ma si chiude o rimane aperto? Il segno grafico finale è un’interpunzione, i due punti, che compare solo qui, in tutto il libro. “Se fueron todas las palabras //  Alguien debe firmar este silencio” Ma quella firma resta?

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